Riflessioni televisive e musicali nell’Italia dell’incultura, del pressappochismo, della mancanza di rispetto
«Potenza della lirica dove ogni dramma è un falso che con un po’ di trucco e con la mimica puoi diventare un altro». (Lucio Dalla ‘Caruso‘) Mi ha sempre colpito negativamente l’espressione da ‘cinematografaro’ (così è chiamato a Roma chi lavora nell’ambiente del cinema) relativa ad un attore o ad una attrice, dei quali si dica che ‘ha la faccia giusta’. Avere ‘la faccia giusta‘ dovrebbe significare poter interpretare un certo ruolo naturalmente, quasi a sancire l’inutilità della professionalità, dello studio, della ricerca, del trucco, del travestimento, della recitazione, cioè della finzione. Mentre i grandi attori creano il personaggio e gli danno veridicità con la loro arte, acquisita in anni di studio e di esperienza, spesso il cinema va cercando facce da servizio giornalistico, manichini che possano indossare un ruolo come fosse un abito della loro taglia, in una sorta di arte unicamente ‘neorealista’ che deve prendere dalla strada i suoi protagonisti per essere credibile. In sostanza cerca persone dalla faccia giusta. Tale mentalità oleografica ha diffuso un contagio inarrestabile dal cinema al teatro, quindi all’opera: pensate quante volte abbiamo assistito a ridicole rappresentazioni di Butterfly con il soprano dal passaporto giapponese, quasi che la protagonista di tali opere non sia invece un prodotto dell’immaginazione e della cultura italiane, o quante volte abbiamo sentito favoleggiare di Otello e Aida di colore, quasi che per cantare ‘l’Esultate‘ oppure ‘Oh patria mia‘ si perda di credibilità senza la pelle naturalmente scura invece che scurita con il sughero bruciacchiato. È come ritenere che la cornice sia più importante del quadro… Naturalmente il contagio di tale iperrealismo si è esteso anche alla televisione, ove la lezione è stata assimilata più che altrove. Che, però, alla televisione italiana fosse più importante avere la faccia giusta che saper suonare il violino, o vincere il concorso nella Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino (unica rimasta dopo lo scioglimento delle altre!) o diventarne il Primo violino o conservarne il posto al primo leggio alla sinistra del direttore d’orchestra, non ce lo saremmo certo aspettati! È quanto, invece, è avvenuto durante la registrazione di una trasmissione televisiva andata in onda recentemente su Rai 1, che vedeva come protagonista il cantante Andrea Bocelli accompagnato dall’Orchestra Sinfonica della Rai, e nella quale il Primo violino dell’orchestra non aveva la faccia giusta. Sì, perché durante le riprese della trasmissione, è successo che un solerte funzionario abbia chiesto ed ottenuto di spostare questo professionista dalla sua naturale collocazione al primo leggio poiché, a suo dire, scarsamente telegenico, nonché di far cedere il suo posto ad una violista (sic!) perché c’erano troppi uomini nella fila! Avete capito bene. Abituato alla realtà virtuale della televisione qualcuno non ha retto all’impatto con il fatto che non ci fossero persone con la faccia giusta (secondo la sua opinione), anche se erano al posto giusto nel momento giusto. In sostanza non è stato tollerato che il vero fosse più reale del verosimile! Ci domandiamo e vi domandiamo: anche chi cerca di indovinare il contenuto dei pacchi a ora di cena deve avere la faccia giusta? E chi partecipa agli interminabili talk show? E chi partecipa ai quiz o agli innumerevoli, insopportabili programmi di cucina? Probabilmente sì…
di Nicola Colabianchi da L’Indro